31 Luglio 2018
Da non confondere con l’aumento del volume della prostata (ipertrofia prostatica) o con il tumore alla prostata, la prostatite è un processo infiammatorio della ghiandola prostatica e delle aree circostanti. Approfondiamo l’argomento con il Dottor Massari, urologo.
Quali sono i sintomi che accendono un “campanello d’allarme”?
La prostatite acuta si presenta improvvisamente, con febbre anche molto alta, urgenza e bruciore minzionale, fastidio nell’area perineale ed in alcuni casi si può notare anche sangue nelle urine e/o nello sperma. Questi sintomi palesi inducono il paziente a rivolgersi rapidamente al medico che individuerà la procedura per identificare il batterio e la terapia antibiotica adeguata. Le prostatiti tendono a cronicizzarsi alternando periodi asintomatici a periodi di ricadute, motivo per il quale le terapie arrivano a prolungarsi mesi. Quando la prostatite è di origine non-batterica o si è cronicizzata a causa di ricadute, i sintomi sono più sfumati: niente febbre, ma lievi disturbi minzionali e necessità di urinare più spesso soprattutto la notte e, talvolta, calo dell’erezione con disturbi eiaculatori. A queste tipologie si aggiungono le prostatiti silenti. Buona parte dei pazienti, infatti, è affetta da prostatite infiammatoria asintomatica e, non ne è consapevole finché non si rivolge all’urologo per altre patologie del tratto urinario e riproduttivo.
Mentre la diagnosi risulta immediata per le forme batteriche trattabili con terapia antibiotica, il discorso è più complesso per le assai diffuse prostatiti abatteriche e asintomatiche in quanto le cause non sono, ad oggi, totalmente chiare. Recenti studi sostengono la genesi multifattoriale dell’infiammazione e la identificano come principale causa dell’ipertrofia prostatica legata all’invecchiamento e presente dopo i 45 anni. In questi casi, la diagnosi di prostatite si basa sull’anamnesi, alcuni esami microbiologici e, soprattutto, sull’esplorazione rettale che evidenzierà una prostata dolente, congesta ed aumentata di volume. Un occhio attento ecografico dell’urologo, riconosce le calcificazioni intraprostatiche, segno di esiti di prostatiti croniche.
Quanto si parla di fitoterapici per via orale si fa riferimento all’estratto di una pianta che si chiama Serenoa Repens, dalle proprietà antinfiammatorie e anti-androgeniche. La validità dei prodotti in commercio dipende però dall’estrazione e dal quantitativo di grassi polinsaturi presenti. Recentemente si utilizzano fitoterapici topici per via rettale a base di curcuma.
È utile adottare uno stile di vita sano e sottoporsi a visita uro-andrologica periodica anche in pieno benessere, in particolare con cadenza annuale altresì in giovane età. È consigliato bere almeno due litri di acqua al giorno e seguire un regime alimentare salutare, preferendo cibi poveri di grassi saturi e cibi ricchi di sostanze antiossidanti come la vitamina A, vitamina E, licopene (contenuti nella buccia dei pomodori), selenio e zinco. Sono da evitare cibi speziati, insaccati e bevande alcoliche in particolare la birra per l’elevato contenuto di lieviti. L’attività fisica va praticata con costanza e sono da prediligere le attività di tipo aerobico che riducono la congestione del pavimento pelvico. Non sono da sottovalutare, inoltre, i benefici dell’attività sessuale che, se praticata con regolarità, evita il ristagno di secrezioni nella ghiandola prostatica ed eventuali conseguenti infezioni seminali.
Le prostatiti devono essere riconosciute e curate per evitare gravi conseguenze sulla fertilità, poiché possono compromettere la salute degli spermatozoi. È fondamentale naturalmente prevenire i fattori di rischio e agire con tempismo e terapie mirate dopo l’accurata diagnosi di uno specialista urologo.